Il reality non è un genere televisivo, è una malattia del palinsesto.
Un virus nefasto. Come tutti i virus, è contagioso, si diffonde, allenta le barriere immunitarie e dilaga.
Le pseudo-notizie dei protagonisti invadono i programmini pomeridiani e le bbbone domeniche, e fin qui poco male: si infetta comunque roba putrebonda. Per non parlare di certi telegiornali come Studio Aperto che alle tette rifatte e ai calendari con le donnin ignude dedicano ormai redazioni specializzate.
Il problema sorge quando programmi come Quelli che il calcio, che nonostante Simona Ventura possono ancora essere di qualche interesse, ingoiano quintalate di spazzatura proveniente dall’isola dei morti di fama o dal XXX- factor. Oppure quando autori svogliati (leggi Gialappa’s) fanno il compitino affidandosi alla indecente ignoranza di certi concorrenti.
Mi terrorizza l’idea che Quark dedichi uno speciale all’accoppiamento dell’Homo imbecillis in cattività che Blu Notte approfondisca il tema del mistero delle corna messe da Belen a più o meno una dozzina di bellocci. Sembra fantascienza, ma se qualcuno non ferma il virus, ci arriveremo.