Ci sono romanzi che ti fanno indossare la tuta spaziale e ti portano a combattere contro extraterrestri predatori; romanzi che ti forniscono pistola e distintivo e ti mandano a combattere il crimine; romanzi che ti fanno cavalcare in regni incantati con spada e vessillo con indosso un armatura magica. E poi ci sono i romanzi che ti fanno sentire improvvisamente nudo (sto parlando di romanzi e non di porcherie da edicola della stazione, mascalzoni, non travisate!), che ti fanno dire ma chi gli avrà raccontato i fatti miei a questo scrittore, come fa a conoscere i miei amici, i miei parenti, i miei colleghi? ? il caso di “Non si sa mai” di Donatella Placidi, un ritratto di interni leggero (della leggerezza invocata da Calvino) e toccante, che con poche pennellate dipinge il piccolo mondo familiare che ci appartiene. Una finestra sulla vita di tutti i giorni che si apre, ci accoglie e si richiude prima che possiamo abituarci, prima che diventi routine, prima che possiamo indovinare come andrà a finire. I personaggi di Donatella Placidi – la bambina viziata e odiosa, la terza età in crisi, gli uomini che vedono uno per uno i capelli persi ma non si accorgono dei soprusi subiti in ufficio – sono persone che abbiamo conosciuto tutti, prima o poi. E quando un giorno qualcuno, fra un migliaio di anni, vorrà conoscere la nostra vita, quella della generazione tra i trenta e i quarantanni nell’Italia del 2000, non dovrà certo leggere di extraterrestri predatori, poliziotti invincibili e armature magiche, ma farà bene a procurarsi una copia del romanzo della Placidi. Perciò conservate con cura la vostra: non si sa mai…