Chi si occupa di marketing sa benissimo cos’è la fidelizzazione. In parole povere si tratta di rendere il cliente un “fedele” di un prodotto, un acquirente abituale.
Si ottiene ciò curando il post-vendita, con raccolte punti, con pubblicità che devono confermare al cliente di aver fatto la scelta giusta. Se poi si tratta di prodotti così cari da non poter permettere un acquisto reiterato nel tempo (tipo una BMW) allora il cliente fedele è quello così contento da fare comunque pubblicità a colleghi , parenti e amici.
Io per esempio compro quasi tutto di marca Coop (tranne le lamette, lo shampoo e qualcosa che adesso non mi sovviene).
Detto questo, l’altro giorno ho pensato a quanto debba essere frustrante per gli esperti di marketing dei prodotti per l’infanzia la consapevolezza che il loro cliente inevitabilmente uscirà fuori dalle loro griglie per… motivi anagrafici. Fidelizzato o no, prima o poi il bimbo smette di portare il pannolino. E dopo i primi sei mesi lascia il carissimo latte 1 e passa a quello “crescita”, più abbordabile. E anche se fidalizzi i genitori, al massimo riesci a replicare il successo una, due volte.
Sarà per questo che Mellin se ne frega altamente di me in quanto giovane papà e distribuisce il suo latte a casaccio, con prezzi come capita e senza il benché minimo rispetto del cliente? Un altro paio di mesi e li mollo, altro che.
Passo al latte crescita coop…