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Oggi parlo bene di Fastweb

Parlare male di Fastweb è abbastanza facile: chiami l’192 192 e dopo pochi secondi una voce simpatica ti dice che tutto è economico, magnifico, strepitoso e che sì, hai capito bene, andrà proprio così. Poi diventi cliente, chiami l’192 193 e dopo venti minuti una voce stanca ti dice che no, non avevi capito bene, ci deve essere stato un errore, forse non l’hai letto la clausola 12465 bis, ecco il contratto lo dice chiaramente, non è così economico, non è così strepitoso, non andrà come ti aspettavi.
Probabilmente succede anche con gli altri operatori. Però oggi di Fastweb voglio parlare bene, perché la loro tv ha finalmente proposto un servizio intelligente, utile, una "killer application", come si dice in gergo: un’idea il cui rapporto costi benefici determina il successo di una tecnologia. Si tratta di Replay-TV: hai possibilità di accedere agli ultimi tre giorni della programmazione Rai, Mediaset e La 7-MTV, comodamente da telecomando.
Senza aver programmato nulla, senza aver registrato nulla: semplicemente, ti puoi tranquillamente vedere i Simpsons che hanno trasmesso mentre eri in palestra il sabato pomeriggio. O quel film che hanno dato su Rai Tre alle quattro del mattino. Ognuno ha poi i suoi gusti, ma si tratta della prima vera applicazione della tv a pagamento che mi conquista. Calcio, cinema, eventi a pagamento, tutta roba interessante che non mi ha conquistato. Ma la possibilità di rivedere quelle tre trasmissioni che mi interessano quando voglio mi ha convinto.
Unica grossa pecca attuale: il limite dei tre giorni, che spero porteranno a sette, dal momento che come me immagino che in tanti siano interessati a vedere nel weekend quello che non hanno visto in settimana. Quasi quasi chiamo l’192 192, una ragazza gentile mi dirà che sono disponibili non 7 ma 77 giorni registrati.
Lo so che è falso, ma in fondo questi numeri servono solo a farci sognare…

L’Italia dei guru

La Fiera dei piccoli e medi editori di Roma 2005 ha offerto una serie di spunti su cui riflettere.
Scandalosa, oscena e imprevista scoperta per giornalisti, guru dei new media, massmediologi e intellettualoidi: c’è un sacco di gente che compra libri. Giovani, donne, anziani, bambini. Non solo: comprano libri di autori esordienti, di sconosciuti, libri di poesia o saggi di autori provenienti dal terzo mondo. Invogliati non da pubblicità, gadget e sconti, ma semplicemente da una frase, una suggestione, una quarta di copertina. Gli intellettualoidi si agitano, argomentano, si interrogano, disquisiscono: come mai questo non succede tutto l’anno? Come mai quest’anomalia di Roma? Che ci fanno queste migliaia di persone a Roma, che non c’è neanche Radio Dee-Jay? Semplice. Tutto l’anno ai lettori vengono proposti maghetti volanti, giovanissime prostitute, resoconti di trasmissioni televisive, barzellette e polpettoni fantareligiosi. Poi capita una boccata d’aria fresca come questa fiera, e la gente accorre numerosa. Ci sono tante Italie.
Quelle di mandrie di militari in licenza, liceali brufolosi e ragazzini innamorati delle veline che accorrono al MotorShow a gridare "faccela vede’" alle hostess massacrate e a contendersi ferocemente un cappellino, e quella di chi va a Roma a comprare libri di cui non ha mai sentito parlare.
Ci sono tante Italie, ma i guru sembrano guardare sempre la stessa.

 PS. Le copie del mio romanzo sabato pomeriggio erano esaurite. Come autore ed editore, che si mangeranno le mani per mesi…

Lo stato dell’arte

Sabato pomeriggio sono stato alla Pinacoteca Nazionale di Bologna, dove ogni tanto vado a fare due passi tra la bellezza (per chi non c’è mai stato: non siamo ai livelli stratosferici di Roma o Firenze, ma Carracci, Giotto e la Santa Cecilia di Raffaello meritano una visita). Ci arrivo gongolante perché, dopo anni di orari impossibili (tipo dal lunedì al venerdì 8-12), finalmente i musei hanno ampliato la loro offerta: si può andare alla pinacoteca tutti i giorni tranne il lunedì dalle 9 alle 19. Però…c’è un però. Siamo pochi, mi spiegano alla biglietteria. Niente aula magna, ci sono dei lavori. Ah. Vabbè. Peccato. E niente Giotto. Ma perché? Siamo pochi, le ho detto, non possiamo tenere aperte tutte le sale. Se ne approfitta fra un po’ un collega apre il barocco. Il rinascimento invece è chiuso, ma lo riapriremo alle 17. E Giotto? Giotto no, non se ne parla. Ma si sa quando lo riaprirete? Dipende, alcuni colleghi hanno l’influenza, ad altri hanno dato il part-time…ci arrangiamo giorno per giorno…Decidiamo volta per volta. Provi a ripassare. Ho fatto un giro tra ciò che mi hanno fatto vedere, sbirciando i corridoi chiusi e aspettando che un custode chiudesse il barocco e aprisse il rinascimento. Chissà quando potremo rivedere Giotto. Esco per strada, c’è un sacco di gente che fa shopping, vorrei dire a tutti che hanno chiuso i capolavori di Giotto in una stanza al buio perché non c’è personale. Ma ho la triste impressione che non importi granché a nessuno, ed è un’impressione davvero triste.