Due studentesse universitarie vengono ritrovate assassinate a Bologna: l’assassino ama firmare i suoi delitti perché tinge di rosso i capelli delle sue vittime e le sottopone, dopo averle uccise, alla pratica barbara dell’infibulazione.
Sono le “farfalle rosse” del titolo del romanzo di Filippo Maria Andreani edito da Il Filo: alla caccia dell’assassino si muoveranno l’ispettore Carini e l’agente Nisi, una coppia di poliziotti che fanno rivivere riaggiornandolo ai giorni nostri il dualismo classico tra poliziotto esperto e meditativo e giovane irruento e istintivo.
Tecnicamente si tratta di un romanzo breve, o di un racconto lungo, che offre parecchi spunti di riflessione: il confronto tra il mondo universitario delle vittime e quello degli agenti di polizia, attraversato, nonostante le diverse prospettive culturali, dalle stesse pulsioni e dagli stessi sentimenti; il ruolo della donna nella civiltà contemporanea, visto che le vittime subiscono una pratica ancora in uso in alcune popolazioni del terzo mondo, volta a “preservare” un’idea per noi incomprensibile della sessualità femminile; il fascino del male, perché al contrario di certe storie dozzinali da fiction di quarta serie, qui non si capisce nettamente chi siano i buoni e chi cattivi, e questi ultimi non sono certo gli stereotipati killer in cerca di vendetta.
E ancora, l’idea che chi conosce bene il sistema della giustizia in senso lato, sa come scardinarlo e prednersi gioco di chi ne fa parte. Di più non posso raccontare, perché il racconto è pieno di indizi e false piste, e svelarle sarebbe, quello sì, un delitto…