Se qualcuno dovesse ritare fuori la solita storia del cinema italiano in crisi, chiedetegli se ha visto "Il posto dell’anima". Un cinema in crisi non produce storie così: attori straordinari (d’altronde, sono i migliori che abbiamo in Italia: Silvio Orlando,Santandrea, Paola Cortellesi, Michele Placido), fotografia mai banale senza scadere nel virtuosismo, regia sobria ma intensa, sceneggiatura perfetta. Si ride e si piange, si riflette e ci si indigna. Uno di quei film che scuotono gli amanti di cinema perché riescono a riportare in fermento razionalità e passione. Qualche difetto forse c’è, inutile nasconderlo, un po’ di retorica, qualche accelerrazione sul pedale del dolore (o del dolorismo), ma c’è anche il gusto dell’inventiva, della citazione, del racconto, una colonna sonora moderna ed indovinata. Se poi aggiungete la bellezza mozzafiato degli appennini, la provincia italiana più caratteristica e addirittura due capatine a Bruxelles e in America, capite che questo prodotto di certo non scaccia la crisi da solo, da di sicuro non ne è espressione.
Guardatelo.
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Hero
Per fortuna c’è ancora gente come Tarantino capace di guardare cinema straniero (e per gli americani è davvero raro), innamorarsene, proporlo, dargli la platea che merita. Questo è il caso di Hero, capolavoro cinese che stupisce per la grazia con cui riesce a fondere i ritmi lenti e pacati del cinema orientale, una fotografia commovente, effetti speciali che riescono a non cadere mai nel ridicolo (anche se un paio di volte ci vanno vicino), gusto per il dettaglio (la fiamma delle candele, la sagoma lasciata dalle frecce, le foglie rosse…Da brivido). La storia è quella di un gruppo di eroi di Chao che, nell’estremo oriente di 2000 anni fa, si battono contro l’invadenza dei Chin, che poi effettivamente unificheranno i sette regni allora divisi che porteranno più o meno a ciò che noi chiamiamo Cina. Mentre sempre più spesso la televisione occidentale svilisce la tecnica di ripresa, il gioco di luci e la scelta originale del punto di vista (si pensi a sit-com con la camera fissa o alle fiction curate e precise ma senza una idea nuova che sia una), viene dall’oriente un maestro a ricordarci che la cinepresa è un pennello che può dipingere le nostre emozioni. Bellissimo film, che ci lascia tra l’altro una frase che rimarrà nella storia del cinema: pace sotto un unico cielo.