Si comportavano come dei lord inglesi, colti e raffinati, in mezzo a trogloditi cavernicoli; si guardavano intorno con aria di sufficienza commiserando chi non capiva l’essenza del calcio; attiravano a sè la stima e la simpatia di tutti coloro che in fondo li reputavano superiori.
Sto parlando degli interisti dell’era Moggi. Cinque anni fa essere interista voleva dire manifestare un’evidente superiorità intellettuale: e più la squadra perdeva, più Moratti appariva un essere sovrannaturale calatosi nel mondo per indicare la via della correttezza, dell’onestà, del saper vivere.
Già allora i maligni sospettavano che più che essere onesti, i dirigenti interisti erano lessi e semplicemente non riuscivano ad entrare nella stanza del potere. E adesso? Adesso segnano con il braccio e fanno spallucce, si lanciano in area di rigore come totani surgelati in padella e chiedono il penalty, insultano gli avversari e a chi osa criticarli rispondono di non azzardarsi perchè loro sono i lord, quelli raffinati.
Non so se i vincitori sono più antipatici, non so se c’è una nuova "cupola" che gestisce il calcio, so che alla prova dei fatti anche gli interisti si sono rivelati trogloditi cavernicoli, proprio come tutti gli altri amanti del pallone.
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Odio l’aperitivo
Odio l’aperitivo Mi piace uscire a cena con gli amici, andare in pizzeria o in una trattoria dove chiacchierare e mangiare in tranquillità.
Mi piace anche andare a pranzo fuori, specie se è una bella giornata e al pomeriggio si può fare una passeggiata salutare. Mi piace pure fare colazione con gli amici, anche se capita più raramente, prima di un viaggio o quando si è in vacanza.
Ma l’aperitivo no.
L’aperitivo non mi piace.
Odio l’aperitivo.
Tanto per cominciare si sta quasi sempre in piedi, o comunque scomodi. Non si riesce mai a intavolare un discorso articolato perché le ragazze dopo due bicchieri a stomaco vuoto cominciano a ridere di qualcunque o cosa o si addormentano,i ragazzi invece si innervosiscono perché le patatine e i salatini lo provocano, lo stomaco, anziché riempirlo.
Odio l’aperitivo perché tutto sa di pressapochismo, di improvvisato, di precario. Non sai a che ora comincia né quando finisce. Pensi che spenderai meno di una cena, ma in realtà per un martini e due olive ti saccheggiano il portafogli. L’aperitivo ha senso se prelude a qualcos’altro da fare insieme: una cena, o un pranzo. Altrimenti è solo immensa tristezza da vorrei ma non posso.
Da impiegato che si consola perché, nonostante tutto, esce la sera. Anche se a casa, di fronte ai surgelati che lo aspettano nel frigo, un po’ di singhiozzo gli ricorderà che c’è di meglio, nella vita, di un aperitivo.