Voglio cominciare il nuovo anno con un post di speranza, rivolto alla mia terra d’origine. ? stato infatti riaperto dopo un periodo incredibilmente lungo (anni e anni, 7, 8, non ricordo più, comunque troppi) il Museo Nazionale Archeologico, che adesso, seguendo la moda degli acronimi, si chiama Marta (Museo ARcheologico di TAranto).
A dire la verità ne è stata aperta solo una sezione, una piccola parte corrispondente ad un quarto o forse meno dei tesori della collezione tarantina. Chiudere il museo a Taranto è stato spegnere la fiaccola della cultura dal territorio jonico. Un delitto, che non per niente ha più o meno corrisposto agli anni bui del collasso economico. Non so perché ci hanno messo tanto, lo immagino, ma non è quuesto il tema. Adesso spero solo che facciano in fretta a riaprire il resto di quello che secondo me – non sono uno specialista, ma di musei ne ho visitati parecchi – è uno dei musei sull’antichità più importanti d’Italia.
Se passate in Puglia, va bene la visita folcloristica ai trulli, va bene la pizzica e i tamburelli salentini, va bene il mare, il sole e il barocco leccese, ma un giro da Marta dovete proprio farlo.
Forse vi stupirà scoprire di quale accecante splendore si rivestì questa terra che ora Report menziona solo per gli scandali.
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Top-ten dei motivi per cui non vale la pena festeggiare San Valentino
10) San Valentino era un prete, e come dimostrano le recenti uscite della CEI, i preti capiscono poco e niente d’amore di coppia
9) La cioccolata fa male ai denti e al giro vita, due elementi non trascurabili nella vita a due
8) Comportarvi teneramente oggi non farà altro che evidenziare quanto siete burberi di solito
7) Dietro San Valentino c’è il marketing che riduce tutto a consumismo, e voi siete consumatori critici
6) I fiori recisi sono cadaveri di esseri viventi che sono stati uccisi per essere posti al pubblico ludibrio in vasi di ceramica
5) L’unico Valentino che merita di essere festeggiato corre in moto e difficilmente diventerà santo
4) Il 14 febbraio tutti i locali ritoccano i loro prezzi
3) Siete contrari alle relazioni fisse
2) Diciamo la verità, siete single per scelta altrui
1 )Peggio, siete zitelle
In coda su Internet
Da dicembre gli utenti Internet italiani, in particolare quelli che usufruiscono direttamente o indirettamente delle infrastrutture Telecom, stanno riscontrando da dicembre una serie di difficoltà nel navigare.
Durante le ferie natalizie ho potuto personalmente riscontrare questo problema, perché a casa dei miei l’adsl funziona solo quando non la usa nessuno. Dopo quattro giorni di telefonate e minacce al 187, finalmente ha ripreso a funzionare. Pensavo fosse un problema locale, e invece scopro dai quotidiani che il problema riguarda tutta l’Italia.
Gli espertoni spiegano che è colpa di virus, malware, e hanno risolto tutto chiedendo agli utenti di aggiornare l’antivirus, con la solita incredibile capacità di rovesciare le colpe che hanno certi espertoni. Come mai questi virus colpirebbero solo l’Italia? Sono autoctoni? Non parlano le lingue? Difficile da credersi.
E come mai si attivano soprattutto nel weekend, la sera e durante le vacanze come dimostrano i report? La verità è che da mesi i gestori vendono fumo: adsl a 20 mega a pioggia, costi fissi, tariffe scontate. Ma la rete è sempre quella, e di più non va. Altro che iptv, la televisione su Internet. Neanche le e-mail è possibile leggere, in certi momenti.
Se vi chiedessero di pagare una tariffa aggiuntiva in autostrada che vi promette di viaggiare sempre e comunque a 130 all’ora la comprereste? Certo che no, chi ha un minimo di esperienza sa che è impossibile viaggiare a quella veleocità quando c’è una coda, e poi ci sono i caselli, il maltempo.
Però l’adsl a 20 mega l’abbiamo comprata quasi tutti.
E adesso stiamo in coda.
Ci hanno privati della festa
Dei mondiali, dico la verità, mi piacevano soprattutto le fasi eliminatorie. Quelle con le squadre africane fortissime ma anarchiche e assolutamente incapaci di un minimo di ordine tattico; quelle con le squadre provenienti da paesi esotici con magliette improbabili e nomi impronunciabili. Ma soprattutto mi divertivano gli incroci tra popoli che solo lo sport poteva generare: Camerun-Romania, Costarica-Svezia. Quelle erano le partite che mi divertivano di più, e tifavo sempre per il più scarso, sperando nel colpaccio (riuscì al Camerun, se non ricordo male, che sconfisse l’Argentina di Maradona). Tutto questo ci è stato tolto da Merdock, come lo chiama Beppe Grillo, dal calcio a pagamento. Dall’idea che lo sport non sia più condivisione e incontro ma business e quindi esclusione. Vedremo le partite dell’Italia e le altre più importanti, certo, ma ci hanno tolto, non so, Togo-Corea. Personalmente non ho nessuna intenzione di pagare Merdock e gli altri per poi mantenere veline, procuratori e pallonari scommettitori. Però il rimpianto di essermi perso il Togo mi rimarrà.
Intercettatemi!
Moggi non mi ha mai chiamato. Da Ricucci neanche un sms, niente, per non parlare di politici, i quali al limite mi hanno risposto con l’e-mail preconfezionata se sollecitati tramite posta elettronica per qualche campagna. Oggi per contare qualcosa devi essere intercettato, la vera intellighenzia al potere la si interpreta così.
Molti si scandalizzano parlando di violazione di privacy, quando leggono di un designatore arbitrale che ripete "devi vedere anche quello che non c’è", oppure quando un direttore sportivo ricorda a chi deve giudicare che va bene una multa, ma la squalifica a suo figlio è fuori discussione.
Che vergogna, le intercettazioni, o quello che dicono gli intercettati?
E allora mi metto in ballo, e mi domando: e se intercettassero me? Bella roba. Discussioni con la mia fidanzata sul preventivo della veranda. Commenti sarcastici con mio fratello su Keith Richards che cade da una palma da cocco (e manda all’aria un tour mondiale per il quale mio fratello aveva i biglietti). Qualche sms (compromettente?) al mio capo per avvisare che arrivo in ritardo in ufficio.
Bah, non lo so, sarà una forma di pudore, l’educazione cattolica, la completa estreneità alle logiche di business, ma la verità è che se mi intercettassero non credo che mi sentirei in imbarazzo, si tratterebbe soprattutto di conversazioni private certo, ma poco piccanti, noiosamente affogate nel lecito. Non va bene. Stasera chiamo un amico e gli ricordo di quella volta che ci drogammo e rubammo un elicottero atterrando in Piazza del Popolo a Roma. Ovviamente non è vero.
Ma se un giorno pubblicassero le intercettazioni, che figura ci faccio senza un po’ di pepe?
Babbo Natale e la sfida della concorrenza – 4 –
La ragazza arrossì, nascose le mani dietro al grembiule, si schiarì la voce e disse con un tono flebile appena udibile.
– Sono la nuova inserviente…
– Ecco, appunto, lei non serve. Quando avremo bisogno del suo parere glielo chiederemo.
– Ma io… – Contratto? – A tempo determinato…
– Ahi ahi. Non lo facciamo determinare prima del tempo.
– Ma no, ma no – l’esperto in pubbliche relazioni sbottò dal fondo della sala.
– Santa, insomma! Non ti riconosco più! Come vuoi che credano in te i bambini se ti comporti in maniera così rude, fredda, autoritaria!
– Ma…veramente…
– Tu devi essere il babbo di tutti, accondiscendente, sereno, sorridente… Scommetto che neanche quest’anno hai letto il mio communication plan!
– A dire la verità…
– Ecco, lo vedi? Devi curare di più la tua immagine. Signorina? Un bicchiere d’acqua, grazie. E poi ci lasci soli, questa è una riunione riservata.
Appena la giovane uscì, Babbo NAtale domandò sospettoso:
– Ma come, fai tante storie e poi sei più rude di me?
– Io non sono Babbo Natale. Ricordatelo. Posso sempre andare a lavorare per l’angioletto dei dentini. Non è un granché motivante ma paga bene.
– Non dirlo neanche…
– Allora ascoltami. La smorfiosa ha ragione. Dobbiamo impostare una bella campagna finalizzata su un target preciso. Un bambino. Uno solo. Dobbiamo convincerlo. Il resto verrà da se. Viral marketing, si chiama. Funzionerà, vedrai.
– E come lo scegliamo, questo bambino?