Il regista (Sam Raimi) è affidabile e ha rinunciato anche al suo gusto un po’ truculento per conquistare i bambini; il protagonista Tobey Maguire è credibile, non troppo muscoloso, non troppo finto, anche se soverchiato dal carisma della bella Kirsten Dust. La storia funziona, nonostante la vita sentimentale del nostro eroe sia esageratamente dilatata rispetto al fumetto, gli effetti speciali sono funzionali e si sposano bene con una New York affascinante, non si cade nella grossolanità di certi prodotti simili e persino un personaggio imbarazzante per il curriculum di chi l’ha ideato come Octopus sembra avere un senso. E allora, cos’è che non va? Sarà che vedere continuamente smascherato il nostro fa perdere un po’ di pathos, sarà che tutto ricorda troppo il primo capitolo, ma insomma, non si grida al capolavoro. Si potrebbe rispolverare addirittura la brutta definizione di “fumettone”, che non rende giustizia alla tecnica del fumetto, che spesso produce poesia come e più di cinema e letteratura.
Ma forse la verità è che a me piaceva chiamarlo Uomo Ragno, e il fatto che i guru del merchandising l’abbiano ribattezzato Spider Man per vendere zanetti uguali in tutto il mondo non l’ho proprio digerito…
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Fever Nights, fever nights, fiva’…
Cos’è che cambia, qual è la molecola che entra in circolo in un determinato istante della vita e che ci impedisce di smaltire facilmente una nottata di baldoria (ieri ho fatto le 4 ballando sulle panche della Buca delle Campane, un locale mitico per gli universitari bolognesi e non solo)? Perché dieci anni fa potevo fare le 4 tutti i weekend e adesso mi sento come se al posto della testa avessi uno di quei bottiglioni aziendali capovolti da sala riunione? Potrei dirmi che è colpa dell’età, sto invecchiando, sto perdendo forza, magari sto pagando le conseguenze degli eccessi di dieci anni fa. Potrei dirmelo, ma sarebbe una balla. La verità è che dieci anni fa per vivere dovevo leggere libri quasi sempre interessanti, ascoltare conferenze quasi sempre interessanti e poi una volta ogni tre o quattro mesi chicchierarne amabilmente con un professore. Al limite potevano chiedermi di scrivere qualche pagina. Oggi per vivere devo seguire spesso progetti
sconclusionati che infatti non avranno conclusione, risolvere problemi creati da altri e trovare giustificazioni convincenti per idee che mi hanno imposto e che trovo balorde.
Per forza arrivo cotto al venerdì sera…