Come al solito le televisioni chiacchierano di politica in maniera quasi esclusivamente autoreferenziale (conferenza stampa del premier si o neo, Prodi cambi gli occhiali, Berlusconi cambi parrucchino e via discorrendo) e si trascurano dettagli terribilmente importanti. Ve lo ricordate Totò che gridava al megafono “Votantonio votantonio votantonio”? Per i più giovani, vi ricordate i manifesti elettorali con i faccioni dei candidati alla camera e al senato? Dove sono finiti? La televisione, impegnata in fattorie e grandi fratelli, non ve lo dirà. Non ci sono più. Semplicemente perché , con un colpo di spugnao degno di un regime totalitario dolce come quello attuale, sono stati cancellati dall’ultima legge elettorale. Peggio: è stata cancellato il diritto, per l’elettore, di votare questo o quel candidato. Noi potremo votare solo il partito: chi sarà eletto l’hanno già deciso loro, presentando la lista dei candidati che entreranno in parlamento a seconda della posizione in classifica stabilita dalle segreterie. Non solo non potremo scegliere tra più candidati dello stesso partito (diritto ahimè cancellato già in passato), ma non sapremo neanche per chi stiamo votando. Una volta i bolognesi eleggevano i loro parlamentari, e i romani i loro, e i palermitani i loro. Non è più così. Perché? Perché con la vecchia legge un partito con uno straordinario potere di seduzione televisiva ma con candidati pregiudicati impresentabili non sempre riusciva a farli eleggere. Tra i 2 e i tre milioni di elettori, è stato dimostrato, non votavano questo partito perché sì, ne apprezzavano gli spot e le convention, ma non riuscivano a fidarsi di quel brutto ceffo del candidato. Con la nuova legge il problema non c’è più: si vota lo spot, la convention, il logo: il brutto ceffo è nascosto dietro. Il parlamento è già stato eletto, di fatti: noi possiamo solo confermare le scelte dei partiti. Antonio La Trippa non potrà più fare campagna elettorale: sarà eletto solo se il suo partito l’ha deciso un mese prima. Forza, Italiani, scegliamo di andare avanti.
Siamo sull’orlo del baratro, tanto vale fare l’ultimo passo…